I cambiamenti climatici

Nel corso degli ultimi decenni, il clima terrestre si sta modificando rapidamente in una maniera mai vista prima.

 

Molte componenti del sistema clima, come ad es. la temperatura dell’atmosfera, della terra e degli oceani, il livello del mare, la distribuzione delle precipitazioni stanno cambiando secondo schemi e tassi che non sono naturali. Una delle spiegazioni più accettate dal mondo scientifico riconduce tali variazioni alle incrementate quantità in atmosfera di gas serra e aerosol generati dalle attività umane nel corso del XX secolo.

L’effetto serra viene comunemente utilizzato per descrivere l’aumento della temperatura media della Terra come conseguenza dell’incremento nell’atmosfera dei cosiddetti gas serra. I principali gas serra presenti nell’atmosfera terrestre sono l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il vapore acqueo (H2O), l'ossido di azoto (N2O) e l'ozono (O3).

 

La Terra viene normalmente raggiunta dai raggi solari a corta lunghezza d’onda che, penetrando facilmente nell'atmosfera, la riscaldano; il calore prodotto viene dissipato verso lo spazio sotto forma di radiazioni infrarosse. 


I gas serra sono capaci di catturare la radiazione infrarossa terrestre, indirizzandola nuovamente verso la superficie del pianeta, determinando così un aumento della temperatura.

Le previsioni attuali di surriscaldamento del pianeta descrivono effetti dirompenti che riguardano una riduzione della produttività globale dell’agricoltura, una perdita di biodiversità diffusa ed uno scioglimento dei ghiacciai che causerà un aumento del livello del mare di diversi metri.

Per quanto riguarda gli effetti sui reef corallini, si stima che il 19% dei reef dell’intero pianeta siano già stati persi e che circa un terzo di tutti i coralli costruttori del reef siano da considerare a rischio di estinzione (Veron).

Ad oggi, ci sono state una serie di cause principali: la predazione da parte di Acanthaster planci, l’eccessiva sedimentazione dovuta allo sviluppo urbano e alla deforestazione, l’over-fishing e le pratiche di pesca distruttiva in genere, il fenomeno della eutrofizzazione come conseguenza delle attività agricole e l’eccesso di rifiuti, l’inquinamento da erbicidi e pesticidi, le malattie e il riscaldamento globale che certamente ha ora superato in importanza tutti gli altri impatti; esso è stato la causa dei crescenti ed estremamente diffusi eventi distruttivi di bleaching massivi. (Veron)

 

 

Effetti del riscaldamento degli oceani sui reef corallini 

L’aumento della temperatura

 

 

L’aumento di temperatura e il conseguente riscaldamento degli oceani rappresenta uno dei principali problemi che i reef corallini dovranno affrontare nelle prossime decadi. La difficile situazione attuale dei reef, legata alle numerose pressioni esercitate dalle varie attività antropiche, sommata al riscaldamento degli oceani, si pensa che porterà come conseguenza alla distruzione della maggior parte dei reef del pianeta. 


Il principale effetto determinato dall’aumento di temperatura è legato allo sbiancamento dei coralli che avviene in seguito alla espulsione delle zooxantelle simbionti da parte di questi ultimi.

Le cellule delle alghe simbionti sono fortemente pigmentate per cui quando esse vengono espulse rimane evidente solo il sottostante scheletro bianco di carbonato di calcio prodotto dai trasparenti polipi corallini. Oltre all’aumento di temperatura uno dei fattori più importanti coinvolti nel fenomeno del bleaching è rappresentato dalla quantità di radiazione luminosa che i coralli ricevono.

Questo effetto risulta evidente dal fatto che molte colonie presentano solo la parte esposta al sole sbiancata mentre la parte all’ombra risulta intatta.

Gli episodi di bleaching sono di norma avvenuti in presenza di una bassa velocità del vento, acque calme e bassa torbidità, condizioni queste che hanno favorito il riscaldamento ed una elevata penetrazione di radiazioni a bassa lunghezza d’onda potenzialmente nocive (UV). I coralli costruttori del reef contengono composti in grado di bloccare le radiazioni UV, ma si pensa che in queste condizioni essi non siano in grado di neutralizzare le radiazioni in eccesso. I coralli solitamente vivono vicino al loro limite massimo di tolleranza della temperatura per cui un aumento della temperatura del mare di 1 - 2 gradi per diverse settimane può portarli ad uno stato di sofferenza tale da scatenare il fenomeno del bleaching.

Episodi di mortalità massive di coralli a causa del bleaching erano già conosciuti fin dal 1870, ma la maggior parte di tali eventi sono stati riportati in periodi recenti.

Secondo il Climate Change 2007: Synthesis Report dell’IPCC, undici degli ultimi 20 anni (1995-2006) sono stati fra i 12 anni più caldi nel record delle temperature della superficie del globo (dal 1850). Gli incrementi del livello del mare sono coerenti con il riscaldamento. La media globale del livello del mare è cresciuta ad un tasso medio di 1,8 mm all’anno nel periodo che va dal 1961 al 2003 e ad un tasso medio di circa 3,1 mm all’anno dal 1993 al 2003.

Le temperature crescenti della superficie del mare porteranno a un’incrementata severità delle anomalie termiche durante episodi di El Niño (ENSO) senza che ci siano cambiamenti nella frequenza. E’ probabile che l’incidenza di bleaching massivi si disaccoppi dai cicli di El Niño in diverse località del pianeta, come indicato dal fatto che tali eventi stiano già iniziando ad accadere durante anni in cui non è presente El Niño (Veron 2009).

 

Uno degli episodi più devastanti di bleaching fu quello manifestatosi nel 1998 a seguito di uno dei più importante eventi di El Niño. Il bleaching che ne conseguì fu la causa di una moria di coralli in tutto il pianeta ma in maniera particolarmente severa nell’Oceano Indiano. Le Maldive furono una delle regioni maggiormente colpite registrando una moria di coralli compresa fra il 60 e il 100% a seconda delle specie e/o dei siti interessati dal fenomeno.

 

Al corrente tasso di incremento nelle emissioni globali di CO2 (ora eccedenti 3% all’anno) un livello di 450 ppm, che ampiamente eccedono le più ottimistiche previsioni sulla probabilità di sopravvivenza di quasi tutti i reef, saranno raggiunte nel 2030. Il risultato sarà un’ampia distruzione delle comunità coralline (Veron 2009).

 

L’aumento del livello del mare

 

 

Un aumento del livello del mare è già in corso e questo è stato ampiamente documentato (Intergovernmental Panel on Climate Change - IPCC 2007). Non si tratta di un fenomeno recente perché queste fluttuazioni sono avvenute per millenni, basta considerare che l’aumento del livello del mare negli ultimi 10000 anni è stato di circa 150 metri.

L'IPCC nel rapporto 2007 ha diagnosticato, per la fine di questo secolo, un aumento medio compreso tra gli 0.3 m e i 0.45 m.

La crescita e l’erosione in verticale di un reef in salute sono strettamente bilanciati con un lieve vantaggio a favore della crescita.

Per questo motivo la maggior parte dei coralli del reef riescono a rimanere approssimativamente alla media del livello di bassa marea.

 

Se il livello del mare dovesse aumentare ad un tasso superiore alle possibilità di crescita, i coralli che vivono ad una profondità vicino al limite della loro capacità di adattamento supereranno facilmente il limite di profondità fisiologico subendo un danno irreversibile che ne provocherà la morte. Questo problema riguarderà soprattutto i coralli a lenta crescita che saranno ovviamente i più esposti a questo genere di stress. Se inoltre il tasso di crescita è ridotto anche dai numerosi stress ambientali, saranno sufficienti anche variazioni minime del livello del mare per far subire ai coralli un danno irreversibile.


Questo fenomeno da luogo ad un processo di erosione che riguarda il reef in toto con conseguenze facilmente immaginabili. L’effetto di protezione che il reef esercita sulla zona costiera verrà meno e ciò comporterà danni enormi alle popolazione che vivono lungo le coste.

 

L’acidificazione degli oceani

 

Le emissioni globali di gas serra dovute alle attività dell’uomo sono cresciute dall’era pre-industriale, con un incremento del 70% fra il 1970 e il 2004 (WGIII 1.3, SPM. - IPCC)

 

L’anidride carbonica è il più importante gas serra di origine antropica. Le sue emissioni annuali sono cresciute fra il 1970 e il 2004 di circa l’80% e rappresentano il 77% delle totali emissioni antropiche di gas serra nel 2004.

Le concentrazioni atmosferiche globali di CO2 sono incrementate da un valore pre-industriale di circa 280 ppm a 379 ppm nel 2005. Il tasso di crescita annuale delle concentrazioni di CO2 è stato più ampio durante gli ultimi 10 anni (1995-2005 media 19 ppm ogni anno) di quanto sia stato dall’inizio delle misurazioni dirette continue dell’atmosfera (1960-2005 media 1,4 ppm all’anno) anche se esiste una variabilità annuale nei tassi di crescita. (IPCC 2007)

 

 

Uno degli aspetti più importanti legati all’aumento delle emissioni di CO2 riguarda l’acidificazione degli oceani. Le conseguenze dell’acidificazione degli oceani non sono ancora note ma è probabile che tutti gli organismi che utilizzano carbonato di calcio per costruire i loro scheletri possano subire un rallentamento della loro crescita.

La calcificazione

 

 

La calcificazione è un processo fisiologico attraverso il quale molti organismi creano strutture a base di carbonato di calcio. Alcuni organismi calcificatori costruiscono grandi strutture, si pensi che l’unica struttura vivente visibile dallo spazio è costituita dalla Grande Barriera Corallina australiana lunga oltre 2000 km, altri organismi invece possono essere visibili solo al microscopio come ad esempio i coccolitoforidi che costruiscono il loro involucro utilizzando il carbonato di calcio. Oltre ai coralli gli organismi calcificatori includono alcune delle specie più abbondanti e importanti degli oceani; vongole, ostriche, pteropodi e altri molluschi; crostacei, incluse le aragoste e i granchi; gli echinodermi come le stelle marine; sono tutti organismi che creano strutture a base di carbonato di calcio prendendo gli ioni calcio (Ca++) e i carbonati (CO3-- ) dalle acque circostanti.


Gli oceani rappresentano un vero e proprio serbatoio di anidride carbonica e se non fosse per la loro elevata capacità di assorbire questo gas serra le concentrazioni in atmosfera di CO2 sarebbero cresciute in questi ultimi decenni in modo insostenibile.

A contatto con la superficie degli oceani la CO2 in parte entra in soluzione (circa l’1%) mentre la restante si combina con l’acqua del mare dando luogo ad una serie di reazioni chimiche.

 

1) -------CO2 --------- + ---- H2O --> ------- H2CO3-- -- > --------- H + -----+-----HCO3----

  (anidride carbonica)-----(acqua)-----(acido carbonico)---(ione idrogeno)---- (ione bicarbonato)

 

Quando la CO2 si combina con le molecole dell’acqua del mare si forma acido carbonico. L’acido carbonico è un acido perché in grado di dissociarsi rilasciando ioni idrogeno nell’acqua, sono questi i responsabili dell’aumento dell’acidità.

 

Una conseguenza maggiore della crescente acidità degli oceani è legata alla riduzione nella quantità di carbonati (CO3--) disponibili per gli organismi marini. Gli ioni carbonato sono utilizzati nella formazione di strutture a base di carbonato di calcio come ad esempio gli scheletri dei coralli, le conchiglie dei molluschi, i gusci di alcuni organismi planctonici marini ed altri ancora.

 

Come descritto nella reazione 1) l’acqua reagisce con l’anidride carbonica per formare ioni bicarbonato. Gli ioni bicarbonato sono in equilibrio con gli ioni carbonato (CO3--), di modo che un incremento in abbondanza di uno causa un decremento in abbondanza dell’altro. Infatti gli ioni idrogeno prodotti nella reazione 1) si legano con gli ioni carbonato nell’acqua per formare nuovi ioni bicarbonato, tale processo viene chiamato effetto tampone ed ha come scopo quello di impedire l’acidificazione, mantenendo il pH degli oceani costante. Questa reazione provoca quindi una riduzione dei carbonati che in tal modo vengono sottratti agli organismi marini che li utilizzerebbero per costruire i loro scheletri a base di carbonato di calcio.

 

2) -----H+-----+-- ---- - HCO3- ----+------ CO3------ > ---------- 2 HCO3----

 (ione idrogeno) (ione bicarbonato) (ione carbonato) ----- (ioni bicarbonato)

 

Oggi, le acque superficiali sono super saturate rispetto ai carbonati, il che significa che gli ioni carbonato sono abbondanti. Questa supersaturazione è essenziale, non solo perché gli organismi calcificanti così riescono a produrre i loro scheletri, ma anche perché riescono a mantenere queste strutture intatte. Se l’acidità degli oceani dovesse continuare ad aumentare ne risulterebbe anche un effetto corrosivo sulle strutture già formate di molti organismi calcificatori, come ad esempio i reef corallini e i molluschi, che potrebbero incominciare a dissolversi.

 

 

Bibliografia

 

Climate Change 2007: Synthesis Report IPCC

 

The coral reef crisis: The critical importance of <350 ppm CO2

J.E.N. Veron a,*, O. Hoegh-Guldberg b, T.M. Lenton c, J.M. Lough d, D.O. Obura e, P. Pearce-Kelly f,1,

C.R.C. Sheppard g, M. Spalding h,i, M.G. Stafford-Smith a, A.D. Rogers - Marine Pollution Bulletin 58 (2009) 1428–1436

 

http://www.agu.org/outreach/science_policy/positions/climate_change2008.shtml

 

http://www.epoca-project.eu/